Intervista a Silvia Mariotti

Fotografia 

 Il primo linguaggio che ho utilizzato come artista è stato quello pittorico e, in generale, non ho mai guardato la realtà con gli occhi di una fotografa. Mi interessa molto cogliere aspetti dei luoghi reali e la macchina fotografica mi permette di farlo; nello stesso tempo mi consente di veicolare l’immagine enfatizzando componenti legate ad una dimensione più intima: Sartre afferma che l’immagine non è una cosa, bensì un atto di coscienza. L’immagine dunque non si offre con la consistenza di un dato reale, ma si risolve in un processo intenzionale: è un rapporto i cui poli sono la coscienza e l’oggetto verso cui essa trascende.

La scelta, poi, di un particolare tipo di luce mi permette di mantenere costante il riferimento al mondo notturno; sono particolarmente interessata alla dimensione della notte, perché in essa ci costringiamo ad uno sguardo più attento e profondo, è in questo determinato intervallo temporale che la luce riesce a mostrare e al contempo racchiudere qualcosa. Si tratta essenzialmente di lavorare sullo scorrere del tempo, un tempo lento e dilatato che svela gli anfratti e le ambiguità altrimenti non visibili.

Riferimenti (arte, letteratura, musica, altro)

Penso alle note di Erik Satie, Yann Tiersen o Max Richter con On the Nature of daylight e poi a Tom Waits, Nick Cave, Neil Young che mi hanno accompagnata sempre negli anni della mia formazione e ancora Antony and the Johnsons con Twilight, Goldfrapp con l’album Felt Mountain. Percorro le immagini impresse nella mia mente e penso a Persona di Ingmar Bergman, Primavera estate autunno inverno…e ancora primavera di Kim Ki-duk, Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Gondry, The tree of life di Terence Malick, Melancholia di Lars Von Trier; continuo con l’Eclisse di Antonioni, Una vita difficile di Dino Risi o Il sapore della ciliegia di Kiarostami. Scorro ancora nella memoria e rileggo le Lezioni americane di Italo Calvino e ancora le sue Cosmicomiche, ricordo il lavoro Scogli di zinco, ispirato da la Distanza della luna, e poi cerco nelle poesie di Ungaretti: grazie a lui ho potuto realizzare il mio libro d’artista De uma estrela à outra. Penso al suo tempo trascorso in Brasile ma anche a quello prima durante la guerra e così mi sovviene Dead troops talk di Jeff Wall. Continuo con voli pindarici e arrivo al flusso di coscienza di Clarice Lispector con Acqua viva, e poi da tutt’altra parte con Lux di Eleonora Marangoni, suggerito da una cara amica che mi ha aperto all’estrema delicatezza di questo mondo impalpabile. Ovviamente il punctum di cui parla Roland Barthes ha sollevato diverse riflessioni sul mio lavoro, come i saggi che Susan Sontag ha dedicato al tema della fotografia e ancora Luigi Ghirri, in particolar modo con le immagini raccolte in Colazione sull’erba, una serie di rimandi al mondo naturale e alla casa. Di nuovo mi allontano, tornando indietro nel passato per guardare i dipinti dei pittori romantici dell’Ottocento e penso quindi ai Notturni di Chopin. Fondamentale per il mio passaggio dalla pittura alla fotografia è stata Francesca Woodman e il suo sviscerare così profondamente la sfera intima e poi penso al fotografo belga Dirk Braeckman, le sue fotografie non si riescono a cogliere a prima vista, nel suo lavoro mantiene una scala di grigi scuri che stampa fuori fuoco, eliminando così parte delle informazioni che, come lui stesso dice, tolgono l’essenza: è al confine tra occultamento e rivelazione, ricerca la raffigurazione dell’irrappresentabile.

Ecco, direi che questi pensieri e immagini sparse siano parte di ciò che ho dietro agli occhi, nel mio essere individuo che cerca di portare avanti la propria ricerca umana, esistenziale e artistica al contempo. Alcuni di questi sono direttamente individuabili all’interno dei miei lavori, mentre per altri la suggestione è solo lo spunto, l’incipit per qualcosa che poi può muoversi anche in direzione contraria. Perché credo che, a volte, invertire la marcia possa far intraprendere un percorso inaspettato.

Metodologia di ricerca

La mia ricerca si sviluppa attraverso la stratificazione di elementi tratti dalla storia e dalla letteratura e di simboli culturali e sociali che evocano un senso di irrealtà, in bilico tra mistero e marginalità. Attraverso la fotografia e l’installazione, restituisco all’immagine le suggestioni e le esperienze vissute, raccontando di mondi ambivalenti, prevalentemente notturni, che generano una sorta di sospensione temporale e allo stesso tempo aprono a nuove interpretazioni.

Il passaggio che compio, dalla ripresa del reale alla creazione di immagini fittizie, scivola di continuo attraverso allestimenti scenografici o fotomontaggi, diorami onirici e la modellazione di ombre tridimensionali. Ogni volta cerco di portare lo spettatore davanti a una dimensione alterata della realtà o la realtà stessa che dimostra come può essere mutevole, menzognera, incantatrice.

Contaminazioni

Mi piace pensare di andare oltre la bidimensionalità dell’immagine fotografica, rendere l’esperienza dello spettatore più pervasiva e concreta possibile, dare l’opportunità di costruire un universo ancor più personale e insinuare nella mente altrui dei suggerimenti, degli indizi che non svelino tutto e subito ma che lascino intravedere altre possibilità. Quindi figuro nella mia mente ombre e proiezioni, fino a renderle sculture, forme indefinite, al limite tra realtà e finzione; sono letteralmente porzioni di immagine che, da apparenza bidimensionale, faccio ritornare spazio reale attraverso un ribaltamento strutturale: ciò che nella foto è vuoto, con la scultura diviene pieno (Volumi notturni). Oppure penso alle potenzialità di un materiale e da oggetto d’uso quotidiano lo trasformo in immagine (Cielo vetrato) o ancora, utilizzo oggetti come se fossero carte fotografiche per imprimere un’immagine sulla superficie degli oggetti stessi e dare l’idea di un istante e di un luogo, e avvicinarmi il più possibile alla suggestione di quel dato momento (Faded garden). Mi piace l’idea di creare vere e proprie ambientazioni scenografiche, mi interessa indagare le possibilità che si sviluppano nella mente, nell’immaginario, e cercare di dare più aderenza possibile a queste visioni.

 

 

 

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